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L' architettura Stromboliana



Un guanto bianco rispettoso della natura selvaggia e del prepotente vulcano. Queste sono le case a Stromboli che rappresentano le “Monadi del Mediterraneo”: sostanze semplici, vite, anime, spiriti e unità, capaci di un’azione fortissima. Compresse nel verde e assalite dalla cenere vulcanica, si aggrappano come patelle di mare allo scoglio con tutte le risorse, con il medesimo sforzo che i contadini hanno impiegato per coltivare la terra ostile sulle pareti della montagna.

Nessuno sfarzo, nessun elemento di riconoscimento che riconduca al proprietario, non è importante di chi siano, è prioritario che abbiano caratteri uniformi e riconoscibili, perché la gente di qui non abita la casa, ma vive l’isola che non subisce mai la prepotenza dell’artificio. Potrebbe rivoltarsi l’isola e inghiottire strade e isolati interi da un momento all’altro. Allora non serve spendere tempo e risorse perché è la natura a decidere le sorti e la durata della vita. Tutto è minimo ed è importante solo ciò di cui si necessita.


L’essenzialità si riflette nella scelta del cubo, il volume per eccellenza senza pretese, razionale e senza alcun elemento che possa far pensare di voler prevalere sul creativo e disorganico ammasso pietroso che esiste da secoli. Non occorre, com’è consuetudine altrove, che si legga dall’esterno cosa si possiede. A Stromboli è necessario avere l’indispensabile per sopravvivere, tutto il resto lo offre la natura su una maiolica dipinta a mano.

Imbiancata di calce, la superficie dei muri è così liscia da annullare la consistenza della materia, da rendere le pareti senza spessore, permeabili e osmotiche. La ripetizione degli uguali volumi diventa una metrica indimenticabile che ossessiona per tutta la vita quando si torna da Stromboli.

​I materiali sono offerti dal luogo: le canne, la pietra, la calce. Sembra quasi che qui l’uomo non abbia scoperto i progressi della tecnologia e si sia fermato a sistemi costruttivi che restano in piedi per secoli come templi greci. L’architettura segue il cammino in pendenza della montagna, si inerpica con fatica su un pendio difficile. A tratti stanca seguirla, ma non si rinuncia alla scoperta delle meravigliose addizioni che si sono aggiunte nel tempo.



Di Stromboli ho chiesto il colore e mi sono ritrovata immersa nel bianco, non quello delle case ma quello degli uomini puri che tanti anni fa, e ancora oggi, lo scelgono per tingere la loro paura del buio. E il colore che colore non è, viene riempito di tutto e dell’insieme. Quando passata dal mare, ho toccato per la prima volta il nero di Stromboli, ho sentito la piccolezza del mio essere un essere umano, mentre nel frattempo tutti i pezzi di me sparsi e lasciati nel mondo si ritrovavano attratti dal magnetismo di un’isola contornata dal vulcano. Perché a Stromboli la montagna la trattiene, la fa sua rendendola evanescente e rarefatta con quella nube che rende umidi anche i pensieri. E in quel caso può anche accadere che se si viaggia per ringraziare, il vulcano diventi, al tempo stesso, fornace per gli umani pentimenti e altare di una pace che spesso si cerca viaggiando.




Un susseguirsi di case e terrazze con una ritmica casuale, confusa e delirante. Si percepisce chiaramente l’estemporaneità che necessita della somma di elementi ritenuti necessari al momento, in funzione di nuove esigenze. La pianificazione è solo una “tecnica dell’aggregazione per prossimità” ed è per questo che l’impianto urbanistico dell’isola risulta assolutamente coerente con la natura selvaggia del paesaggio e con la spontaneità dei suoi abitanti. La stratificazione umana, gli eventi impetuosi, le vicissitudini storiche, le tragedie naturalistiche sedimentano nelle abitazioni.

Incanta il carattere timido e silenzioso delle pareti che si chiudono senza spigoli vivi quasi a non volere urtare la sensibilità e l’integrità del paesaggio tagliente. Tutti gli spigoli sono smussati, morbidi, confortanti: tutto ha la mollezza della gomma. Sulle pareti, passando dalle stradine, si legge chiaramente che gli abitanti hanno qualcosa da raccontare con le accozzaglie raccolte ovunque. Probabilmente non hanno timore di mostrare la parte più intima di se stessi e la riversano all’esterno per narrare l’orgoglio del mare e della montagna.


Testo: Alessandra Lucca / Fotografia: Olga Segura Andreu - Alessandra Lucca

Stromboli – 38° 47′ N / 15° 12′ E


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